Imposta di registro
Quando si parla di recupero crediti l’imposta di registro è la problematica maggiormente spinosa che si deve affrontare.
Questa tassa è richiesta dallo Stato ogni volta che si registra un contratto oppure un provvedimento giudiziario.
Il pagamento di questa imposta in alcuni casi assume dei connotati veramente grotteschi.
Esempi pratici
Il padrone di un immobile esegue uno sfratto per morosità nei confronti di un inquilino moroso.
Contestualmente alla procedura di sfratto per morosità decide di tentare anche il recupero del credito.
Ebbene sul decreto ingiuntivo viene applicata l’imposta di registro in misura pari al 3% dell’importo del credito da recuperare con minimo pari a 200,00 €.
Nel caso, tutt’altro che infrequente in cui il proprietario dell’immobile non riesca a recuperare i canoni non pagati si troverà in ogni caso costretto a pagare l’imposta di registro.
Facciamo un altro esempio.
Un ingegnere stipula un contratto con un cliente concordando con un cliente un compenso pari 1.200,00 € per un progetto da effettuare.
Il cliente non paga, non risponde ai solleciti di pagamento e l’ingegnere si vede costretto a richiedere un decreto ingiuntivo.
Il cliente dell’ingegnere non paga neanche a seguito della notifica del decreto ingiuntivo e pertanto diviene necessario procedere con un pignoramento.
A questo punto l’ingegnere creditore si trova in una situazione veramente scomoda: abbandonare l’azione di recupero crediti perdendo sorte capitale e spese anticipate oppure pagare 200,00 € di imposta di registro per ottenere l’apposizione della formula esecutiva.
Nel caso in cui anche a seguito del pignoramento l’azione di recupero non dovesse avere esito il professionista, oltre ad aver perso la sorte capitale e i costi dell’azione di recupero avrà anche perso 400,00 € pagati a titolo di imposta di registro.
Come si arriva alla cifra di 400,00? Si arriva a questa somma in quanto l’ingegnere deve pagare 200,00 € per la registrazione del decreto ingiuntivo e 200,00 € per la registrazione del contratto stipulato tra professionista e cliente.
Nella situazione descritta il nostro professionista ha pagato a titolo di tassa di registro una somma pari al 30% del suo credito, credito che peraltro non è riuscito a recuperare.
Soluzioni
La soluzione migliore sarebbe l’abolizione dell’imposta di registro sui decreti ingiuntivi.
Nel caso in cui tale soluzione non fosse attuabile l’imposta dovrebbe essere richiesta esclusivamente al debitore che con il suo comportamento ha obbligato il creditore ad avviare l’azione di recupero crediti.
Questa soluzione eviterebbe il paradosso di un creditore che non riesce a recuperare il suo credito, ma è comunque costretto a pagare una tassa priva di giustificazione.
Ai sensi dell’art. 53 della Costituzione il presupposto per l’applicazione di una tassa è la capacità contributiva.
Ebbene che capacità contributiva dimostra un soggetto che non è riuscito a recuperare il suo credito e che quindi ha perso del denaro?
L’Avvocato Luca Pompei è il CEO di Rescos SPA, uno studio di avvocati specializzato nel recupero crediti. La filosofia di Rescos è quella di offrire un servizio di recupero crediti completamente gratuito per il creditore, senza alcun costo aggiuntivo. Non ci sono spese di apertura pratica, nessuna percentuale sul credito recuperato e nessun anticipo richiesto.
Laureato con lode presso l’Università di Roma La Sapienza, si è immediatamente orientato verso la professione forense dopo il percorso universitario. Abilitato all’esercizio della professione forense all’età di 26 anni, l’Avv. Luca Pompei offre consulenza legale in vari ambiti del diritto civile e commerciale.
- This author does not have any more posts.